Valle Segà

Azienda

Valle Segà è una Valle da pesca tradizionale ubicata nel cuore del Delta del Po, in Comune di Rosolina (RO). Una parte di essa ricade all’interno del Parco Regionale Veneto del Delta del Po, mentre è interamente ricompresa nei Siti della Rete Natura 2000 ZPS “IT3270023 – Delta del Po” e SIC “IT3270017 Delta del Po: tratto terminale e delta veneto”.

È ubicata lungo la “Via delle Valli”, strada panoramica che si snoda tra la Laguna di Caleri e il comprensorio delle valli di Rosolina. La nascita delle “Valli” come aree di gestione del prodotto ittico si perde nell’antichità. Già in epoca romana veniva sfruttata la naturale migrazione dei pesci tra il mare e le zone umide costiere: progressivamente ampi tratti lagunari vennero recintati e trasformati, appunto, in valli da pesca. Il nome stesso “Valle” deriva dal latino “vallum”: argine o confine.

Il comprensorio delle Valli di Rosolina si forma in periodo rinascimentale. È la Serenissima Repubblica di Venezia, con le sue famiglie nobili, a organizzare il territorio a fini produttivi, “serrando” bacini idrici, scavando canali, regimentando l’Adige e l’ormai estinto Po di Tramontana. Da quel periodo fino ai giorni nostri, vasti territori del Delta settentrionale sono governati dalle famiglie veneziane.

A titolo esemplificativo, nelle immediate vicinanze di Valle Segà possiamo citare i Mocenigo, i quali acquistarono in questa zona una vasta area alluvionale trasformandola in Valle da pesca; ancora oggi è presente l’oratorio in loc. Moceniga, fatto edificare da questa aristocratica famiglia.

La Valle Segà è una delle più antiche valli da pesca del Delta: le informazioni storiche la fanno risalire alla fine del 1600, quando veniva chiamata “Valle detta la Segà di Cà Sanudo”; i Sanudo erano una delle più antiche famiglie patrizie veneziane, i quali fecero costruire nel 1670 la Chiesa di Sant’Antonio di Rosolina.

All’interno della Valle, nella zona delle peschiere e del casone dei valligiani, esiste ancora un cippo di confine con incisa l’indicazione “Sanudo”. Nel 1781 appaiono nuovamente sulle mappe storiche le diciture “Valle Segà dei nobili Signori Ca’ Sanudo”, “Valle Bianca”, “Valle detta la Bradagina del nobile Sanudo”. Proprio questi antichi toponimi ci aiutano a far luce sull’etimologia del nome della Valle: una linea di confine separava allora il settore settentrionale, dei “Signori Ca’ Bianca”, da quello meridionale, del “Nobile Sanudo”, da cui – si presume – la definizione di “segà”, ovvero “segata”, “tagliata in due”. Difatti, presso l’odierno Casone di pesca vi era la “chiavica cabianca”, mentre verso sud la “chiavica Bragadina del nobile Sanudo”, la “chiavica detta S. Benedetto del nobile Sanudo” e la “chiavica detta S. Francesco del nobile Sanudo”. Infine, nel 1789 appariva nuovamente la dicitura “Valle detta La Segà di Ca’ Sanudo”. All’epoca la Valle era più vasta: si estendeva verso ovest per altre centinaia di ettari, ancora presenti nel Dopoguerra (volo GAI 1954). Tale settore vallivo venne successivamente bonificato e convertito a seminativo. Successivamente Valle Segà, come tutte le valli e gran parte dei terreni del comprensorio di Rosolina (dall’Adige al Po di levante, compresa l’Isola di Albarella), divenne proprietà della Famiglia Duse/Vianelli.

Arrivando ai giorni nostri, da circa trent’anni Valle Segà appartiene alla Famiglia Girardello, famiglia storica del Delta del Po impegnata nell’edilizia: l’Impresa Girardello fu fondata dal nonno negli anni ’30 del Novecento.
Il Signor Gino, nella sua lungimiranza, oltre a sviluppare l’Impresa di costruzioni, diversificò l’attività investendo in Valle Segà, non solo per motivi economici ma soprattutto per l’amore e la passione che nutriva per questo straordinario luogo. Seppe poi trasmettere questa passione ai suoi figli, Alessandro e Franco, i quali che continuano le attività di famiglia.

La Valle Segà si estende per una superficie complessiva di 400 ettari, costituita da due grandi bacini idrici principali d’acqua salmastra, nonché da un’area agricola e un dedalo di canali, barene e isole.

Sotto l’aspetto altimetrico Valle Segà risulta, come tutta l’area deltizia, ad una quota soggiacente il livello del medio mare, a causa del fenomeno del bradisismo. Conseguentemente l’approvvigionamento idrico di acqua salata dalla laguna di Caleri avviene sfruttando il gradiente geodetico, attraverso tre chiaviche poste nell’argine di prima difesa a mare gestito dal Genio Civile di Rovigo:

  • Chiavica/chiusa “Cason Segà” che alimenta il colauro;
  • Chiavica/chiusa “Gorgo Segà” avente una particolare forma a cascata (bacino sfioratore), unica nel suo genere, che nel periodo primaverile-estivo permette la vivificazione idrica e la cosiddetta “montà” del novellame, ossia l’entrata spontanea in valle degli avannotti dalla laguna di Caleri;
  • Chiavica/chiusa “Bragadina” utilizzata per l’adduzione dell’acqua della laguna alle peschiere durante il periodo invernale.

L’approvvigionamento dell’acqua dolce, invece, avviene dal Fiume Adige, tramite un impianto idrovoro di adduzione di proprietà della Valle.

L’espulsione dell’acqua dalla Valle (compresa quella di origine meteorica) avviene per sollevamento tramite un potente impianto idrovoro privato.La miscelazione di acqua dolce con acqua salata avviene grazie ai canali esistenti e alla particolare ubicazione dell’impianto idrovoro, così da garantire un’ottima circolazione/ricambio dell’acqua. Il mix è continuamente monitorato durante tutto l’arco dell’anno e su tutta la superficie valliva: questo fornisce l’elemento acqua, pulito e ossigenato, fattore chiave per il mantenimento della biodiversità e dell’attività specifica di allevamento tradizionale del pesce pregiato di valle (orate, branzini, cefali, anguille, latterini), senza l’utilizzo di alimentazione artificiale o medicinali.

In Valle Segà, l’attività ittica va a sommare le tecniche tradizionali di vallicoltura con l’utilizzo delle più moderne attrezzature e tecnologie per la pesca.

L’area specifica allestita per la lavorazione del pescato è dotata di strutture e fabbricati moderni, adiacenti a due edifici storici del ‘700: il Casone di pesca, edificio adibito al soggiorno del Proprietario e del personale impiegato nella pesca (“i vallisan”), ed il Casonato, fabbricato utilizzato come magazzino.

Le strutture del comparto ittico sono così organizzate:

  • “Colaùro”, termine veneto con cui si indica il bacino utilizzato per attrarre e catturare il pesce nei “lavorieri”;
  • Capannone di recente costruzione, mitigato con rivestimento esterno in mattoni faccia vista, utilizzato per ricovero attrezzi e come schiuditoio per la produzione del seme di Vongola verace. Al suo interno vi è anche l’Aula didattica per le attività ambientali con gli studenti. Sulla falda del suo tetto è stato posizionato un impianto fotovoltaico da circa Kwh 88 per l’autoconsumo;
  • Tre vasche in calcestruzzo coperte a formare serre, utilizzate per lo stoccaggio invernale di una parte del pesce, soprattutto orate;
  • Tre vasche a terra a servizio dell’attività di pre-ingrasso della Vongola verace.

Continuando la descrizione morfologica della Valle, troviamo poi, lungo tutto l’asse centrale, una serie di laghetti d’acqua dolce utilizzati per l’esercizio dell’attività venatoria nei modi e sistemi della tradizione valliva.

Nella parte più meridionale della Valle si trovano le peschiere, utilizzate per lo svernamento del pesce di pezzatura non commercializzabile. Sono formate da canali profondi, con fondale sabbioso, con argini ricoperti da una fitta vegetazione che funge da riparo dai venti gelidi invernali. Esse si sviluppano all’interno del vecchio alveo del Po di Tramontana, oggi scomparso.

Presso le peschiere si trova il secondo casone della Valle, il Casone dei Valligiani, utilizzato come unità per la ricezione turistica e punto di partenza delle escursioni naturalistiche.